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Lui & Lei

Fino a un passo dal piacere


di Parrino
18.03.2023    |    4.346    |    1 9.8
"Realmente non sapevo cosa aspettarmi..."
Finalmente arrivata a casa. Questo tragitto, seppur lungo soltanto pochi chilometri, mi è sembrato interminabile. E, col senno di poi, ho rischiato parecchio a guidare in simili condizioni. Ho le ginocchia che mi tremano. In testa un turbine di pensieri ed emozioni. E tra le cosce un fuoco che sono ansiosa di estinguere. Neanche ricordo da quanto tempo non mi sentissi così eccitata, vogliosa, bagnata.
Solo ieri, tutto questo sarebbe stato impensabile. Un semplice gioco iniziato per caso e finito male. O decisamente troppo bene, a seconda dei punti di vista.
In passato, ero stata una ragazza estremamente attiva, calda, fantasiosa. Poi il matrimonio, il lavoro, i figli. La routine. Il tempo per l’intimità che andava diminuendo giorno dopo giorno. E la mia libido che, come conseguenza, iniziava a scivolarmi tra le mani senza che riuscissi ed evitarlo in alcun modo. A neanche trentacinque anni mi sentivo come investita in pieno dalla pace dei sensi, e quasi colpevolizzata dalle continue frecciate di mio marito a tal riguardo.
Pochi giorni prima, mentre gli praticavo qualche manovra alla schiena durante il mio turno di lavoro al centro di fisioterapia, confidavo i miei disagi ad un cliente. Ben più che un cliente, in realtà. Ormai ci conoscevamo da oltre dieci anni e, sebbene non avessimo mai avuto occasione di frequentarci al di fuori delle mura del centro, o di quelle di casa sua, dove capitava ci dessimo appuntamento nei periodi di ferie per qualche massaggio privato, il trascorrere insieme un paio d’ore a settimana e l’avere all’incirca la stessa età ci aveva portati a costruire un bel rapporto, fatto di confidenze reciproche, lunghe chiacchierate su ogni argomento e, perché no, qualche battuta leggera atta a mascherare un’attrazione latente alla quale non avevamo mai dato alcun seguito.
‘Ti ho conosciuta che eri un’assatanata e ora sei al limite della castità. Ma una via di mezzo, no?’, scherzava, mentre le mie mani scioglievano i suoi muscoli tesi.
‘Ma non sei tu quello che vede sempre tutto o bianco o nero? E ora ti stupisci che, per una volta, sia così per me?’, gli risposi, con un pizzico di amarezza.
‘Mi stupisco perché la gente non cambia. Tu sei sempre stata’ esuberante, diciamo così. Sicuramente lo sei ancora, stai solo soffocando quella parte di te’.
‘Ma dopo anni di matrimonio’ la routine’ è inevitabile una fase di stanca’.
‘Non è una fase. Saranno mesi, se non anni che non ti fai una scopata decente!’.
Risi di gusto. ‘E tu che ne sai?’, gli risposi.
‘Be’, si vede. Sono troppo attento ai particolari per non notarlo’.
‘Ah, già, dimenticavo di avere a che fare con un paranoico’, replicai, dandogli un pizzicotto sul braccio.
‘Dovreste rivitalizzare un po’ i vostri rapporti. Giocare di più. Il sesso non è solo penetrazione. Anzi, l’eccitazione, la voglia, nascono ben prima di quella. E l’orgasmo non prescinde da un coinvolgimento anche e soprattutto della mente’.
‘Orgasmo? Cos’è?’, risposi, ridendo. ‘Sembri particolarmente ferrato sull’argomento’, aggiunsi, quasi in tono canzonatorio.
‘Lo sai, sono un patito di preliminari, di giochi’ fosse per me, ci dedicherei ore’.
‘Dovrai darmi qualche lezione allora, fosse la volta buona che mi sblocco!’.
Al momento, la cosa sembrò finire lì. Con una battuta come tante. Ma quel breve dialogo continuò a girarmi in testa per ore, giorni. Fino a ieri sera. La sera in cui tutto precipitò. La sera che vide l’ennesimo rapporto coniugale scarno, affrettato e insoddisfacente. La sera in cui una forza dentro di me mi portò a mandargli un messaggio inequivocabile, un messaggio che ben poco aveva dell’ironia che da sempre contraddistingueva i nostri scambi: ‘Forse quelle lezioni dovresti darmele davvero. Non ne posso più’. Mi rispose quasi all’istante, nonostante l’ora tarda: ‘Non tentarmi, o potrei prenderti sul serio’. ‘Sono più che seria, te lo assicuro’. ‘Se domattina sarai ancora di quest’idea, ti aspetto a casa alle nove. Nessuna domanda, nessuna reticenza’. Non risposi, ma quel messaggio mi sconvolse. Non riuscivo a togliermi dalla testa quell’invito. Faticai ad addormentarmi e, al mio risveglio, quelle parole erano ancora lì a tormentarmi. Quando mi preparai e mi misi alla guida, non avevo ancora valutato se accettare o meno quella strana proposta. Il mio corpo sembrava aver deciso per me, procedendo a velocità sostenuta per raggiungere il suo appartamento. La mia testa, invece, era ancora piena di dubbi e domande. Una fra tutte: ma cosa avrà in mente?. Realmente non sapevo cosa aspettarmi. Non sapevo se avremmo parlato. Se mi avrebbe dato dei consigli. Se mi sarebbe saltato addosso. O chissà cos’altro. Stavo andando a parlare con un amico? A farmi scopare da un amante? A far cosa?
Come un automa, parcheggiai, citofonai e salii in ascensore fino al settimo piano. Arrivata al pianerottolo, trovai la porta aperta. Entrai e la richiusi. In casa regnava il silenzio più totale. Mi diressi in salone per posare la borsa sul tavolo e, mentre lo facevo, avvertii una presenza alle mie spalle. Non ebbi neppure il tempo di realizzare la cosa, che le sue mani mi circondarono la testa, bendandomi con una fascia di cotone bianca e spessa.
‘Ma che fai?’, dissi con voce quasi spezzata.
‘Sshhh’ non parlare’ non pensare’ ascolta solo il tuo corpo…’, mi sussurrò.
Me ne restai immobile, in piedi, con lui dietro di me. Potevo quasi percepire il suo calore, sebbene non mi stesse toccando. Nonostante io sia abbastanza alta per essere una donna, lui mi sovrasta nettamente. Questo aspetto mi è sempre piaciuto. L’uomo più alto, massiccio, mi fa sentire protetta. E allo stesso tempo, una bambola fra le sue mani. Proprio come lo ero in quel momento, una bambola alla mercè dell’uomo al quale mi ero, in qualche modo, offerta.
Sentii le sue mani accarezzarmi il volto, seguendone dolcemente i contorni spigolosi. Scivolò lungo le guance, la mascella, fino al mento.
‘Ma”, accennai.
Non potei proseguire, però. Mi posò un dito sulla bocca, sussurrandomi di restare in silenzio. Con lo stesso dito, poi, seguì la linea delle labbra. D’istinto, le schiusi appena, permettendo al suo indice di superare la barriera dei denti. Lo avvolsi, quasi fingendo di succhiare un piccolo pene. Gli permisi di entrare e uscire lentamente, per circa metà della sua lunghezza. Lui non perse occasione per provocarmi. Premette il suo corpo contro il mio, facendomi sentire la sua eccitazione tra le natiche. Restai immobile a godermi quel contatto. Imbarazzata ma appena eccitata a mia volta. ‘Lo senti com’è duro?’, mi sussurrò all’orecchio, ‘Non vorresti assaporarlo al posto di questo dito? Sentirlo invaderti la bocca, forzarti le labbra, riempirti fino in gola tanto da farti mancare l’aria?’. Gemetti, mentre la mia lingua, voluttuosa, quasi abbracciò il suo dito, accarezzandolo come avrei fatto se avessi davvero avuto quel grosso membro nella mia bocca.
Quando decise di estrarlo, pregno di saliva, iniziò a farmelo scorrere lungo il mento e il collo, fino al limite della scollatura del vestitino che indossavo. Sfiorò, col dito ancora umido, la parte alta del mio seno, insinuandosi appena nell’incavo. Poi, la sua mano risalì lungo la clavicola, fino alla spallina sinistra, che non tardò ad abbassare. Il mio respiro si fece pesante. Razionalmente avrei voluto protestare, liberarmi e scappare via. Ma la mia mente era come offuscata. Non riuscivo a muovermi. E il non poter vedere cosa mi accadesse intorno, rendeva quella strana situazione quasi irreale. In breve, anche la spallina destra venne abbassata, e il vestitino non tardò a scivolare fino al pavimento, donandomi una lieve carezza diffusa che mi diede un brivido lungo la schiena.
Con un tocco tanto delicato da sembrare quello di una piuma sulla pelle, fece scorrere una mano lungo il mio sterno, seguendo il contorno della mammella sinistra col dorso delle dita, e ripetendo l’operazione dal lato opposto. Immaginavo come dovessero apparire le mie piccole appendici al cospetto della sua grande mano. Immaginavo afferrasse prima l’una e poi l’altra, stringendole forte, appropriandosene, magari giocando con i miei sensibilissimi capezzoli. Invece, non fece altro che sfiorarle, facendomi bramare un contatto che non arrivò, lasciando che i miei chiodini scuri si inturgidissero tanto da farmi quasi male. Poi, parlò ancora. ‘Sei così eccitata…’, mi disse, posandomi una mano sulla bocca dello stomaco, ‘Lo sento dal tuo respiro accelerato. E posso vederlo per via dei tuoi capezzoli’. Con la mano ancora libera afferrò la mia, portando il mio indice a premere uno di quei duri, piccoli promontori di carne. ‘Giocaci’, mi disse, ‘Stringili’ tirali’ fai crescere ancora di più la tua eccitazione’. Non mi trattenni. Emettendo gemiti soffusi, portai entrambe le mie mani a tormentarli. Mi abbandonai all’istinto, adagiandomi completamente al suo corpo possente, e muovendo il bacino per sentire il suo membro teso sfregare contro le mie natiche, coperte solo da un ridottissimo tanga. Se si fosse spostato anche solo di pochi centimetri, sarei finita per terra. Eppure, mi lasciai andare tra le sue braccia, mi sentivo al sicuro mentre una sua mano mi cingeva l’addome e l’altra mi accarezzava i capelli e il viso. Presi, nel giro di poche decine di secondi, a serrare le gambe, a sfregare le cosce tra loro. Sentivo l’eccitazione salire alle stelle, il mio sesso umido, bollente, gonfio.
‘Lo vedi quanto il tuo corpo desidera provare piacere?’, mi disse, con voce suadente. Tra un gemito e un sospiro, annuii quasi impercettibilmente con un cenno del capo. ‘Porta una mano fra le tue gambe’ renditi conto di quanto ti stai bagnando’ di quanta voglia hai”. Eseguii come se non aspettassi altro che un suo ordine. Non smettendo di tormentare i miei seni con la mano sinistra, feci scivolare rapidamente la destra fino ad insinuarsi sotto le mutandine. Divaricai appena le gambe per avere più spazio di manovra. Mentre le dita scorrevano lungo le labbra, presero a inzupparsi rapidamente dei miei umori, che non tardarono a sgorgare copiosi dal mio sesso. ‘Cosa vorresti ora?’. All’udire la sua domanda, mi resi conto di non aver proferito verbo per un tempo che mi sembrava eterno. Se me l’avessero chiesto, non avrei saputo dire da quanto stessi lì, ormai. In un momento di lucidità quasi mi vergognai di ciò che stavo facendo. Ma durò solo un istante, poi venni investita da una nuova ondata di desiderio. La mia mano prese a sfregare in maniera più decisa lungo le mie labbra. Risposi con l’idea di voler gridare, ma emettendo un sussurro appena udibile. ‘Voglio che mi scopi’ voglio godere”. ‘Mimalo con le tue dita’ mostrami ciò che vorresti”, mi incalzò. Mi penetrai con due dita, a fondo e con foga. Lo sciacquettio della mia vagina ormai fradicia veniva coperto solo dai gemiti e dalle urla che emettevo ad ogni affondo, mentre mi masturbavo furiosamente tra le sue braccia, con addosso solo un paio di mutandine zuppe e con quel palo di carne sempre più duro e grosso premuto tra le mie natiche. Senza ritegno alcuno, stantuffavo violentemente il mio sesso, completamente abbandonata fra due braccia così forti da tenermi quasi sollevata da terra mentre mi dimenavo in preda agli spasmi del piacere. Due braccia senza il cui sostegno sarei certamente finita sul pavimento a cosce spalancate a riempirmi delle mie dita.
Oscenità e inviti di ogni tipo uscivano quasi involontariamente dalla mia bocca mentre, seppur a corto di fiato, non smettevo per un momento di stimolarmi. Giunta a un passo dal non ritorno, però, appena puntai le mie gambe rigide a terra quale riflesso incondizionato dettato dall’orgasmo montante, al mio orecchio giunsero parole che sembravano provenire da un’altra dimensione tanto le avvertivo lontane. ‘Fermati ora’ basta così’. Mi bloccai all’istante, preparandomi a quanto pensavo sarebbe avvenuto di lì a poco. Immaginavo mi avrebbe sollevata di peso, trascinata sul suo letto e portata a toccare le più alte vette del piacere mentre possedeva il mio corpo con passione e brutalità. Quando, invece, lo sentii piegarsi per tirare su il mio abito e rivestirmi, rimasi interdetta. ‘Che fai?’, chiesi, affannata. ‘E’ ora che tu vada’. ‘No’ scopami’ ti prego’ fammi godere”. ‘Non spetta a me farlo’, rispose con voce ferma, ‘Volevo solo ti rendessi conto di non esserti raffreddata come pensavi. Avevi bisogno di ascoltare le vibrazioni del tuo corpo. Ora che hai imparato a farlo, puoi mettere in pratica tutto questo con la persona con la quale è più giusto che tu lo faccia’. Mi accorsi solo nel momento in cui aprì la porta che, durante le sue parole, mi aveva delicatamente spinta fino all’ingresso. E fu solo dopo che la richiuse alle mie spalle che mi tolsi la benda, ritrovandomi da sola sul pianerottolo di casa sua, con la sensazione che fosse stato tutto un sogno, ma con un’eccitazione talmente intensa e prepotente da rendere evidente che quella sensazione fosse solo tale.
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